Maciste all'inferno

Nel 2009 la Cineteca di Bologna ha restaurato l’unica copia in 35 mm. esistente del film muto “Maciste all’Inferno”, diretto da Guido Brignone nel 1925 e appartenente alla collezione del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Questi enti in concomitanza con la ricorrenza dei 700 anni della morte di Dante Alighieri hanno provveduto alla digitalizzazione del film, così da poterne permettere la più vasta fruizione.

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Le Giornate del Cinema Muto da alcuni anni organizzano la serata di preapertura del festival al Teatro Zancanaro di Sacile in collaborazione con l’Amministrazione comunale, affidando a Zerorchestra il compito di elaborare ed eseguire l’accompagnamento musicale del film in programma. Nel 2021 in concomitanza con le celebrazioni dedicate a Dante Alighieri la scelta è caduta su “Maciste all’inferno”, considerato uno dei film più spettacolari e originali fra quelli che hanno tratto ispirazione dalle sue opere poetiche.

La Divina Commedia era stata portata sullo schermo fin dal 1908 grazie al film  Francesca da Rimini; poco più tardi, nel 1911, Adolfo Padovan e Francesco Bertolini avevano realizzato per la Milano Films “L’inferno” tratto dalla prima cantica ottenendo un’ampia diffusione anche all’estero. Ma è con “Maciste all’inferno” –  prodotto a Torino dalla Fert-Pittaluga nel 1925 – che l’opera dantesca, seppur rivisitata, ottiene un grande successo di pubblico e di critica.

Il film è opera di uno scrittore di un certo estro che si chiama Riccardo Artuffo, ma che usa un azzeccato pseudonimo: Fantasio. Ed il film risulta un’autentica fantasiosa diavoleria, un impasto di grottesco e di sentimentale, di comico e di mirabolante. Nella vicenda la lotta del Male contro il Bene si complica di elementi soprannaturali, la rievocazione del mondo infernale si richiama alla classica tradizione delle tavole di Gustave Doré, ma come ridisegnate da uno sbeffeggiante cartoonist.

La pellicola nonostante sia pronta già nel 1925 uscirà solo l’anno dopo, in quanto la censura imporrà diversi tagli a causa delle scene di sensuale nudità delle due attrici Elena Sangro e Lucia Zanussi.

Inoltre il film, caso più unico che raro, fa la sua ricomparsa sugli schermi in epoca fascista quando viene post-sonorizzato e viene ridotta notevolmente la sua lunghezza. Interessante la didascalia promozionale posta all’inizio del film: In questo film che rappresenta una geniale affermazione della nostra «classica» cinematografia, Maciste, il «gigante buono»» è protagonista di una vicenda in cui fantasia e realtà si fondono in un perfetto equilibrio. Sospinto all’inferno da un’insidia diabolica, Maciste entra nel regno della «perduta gente», fa sentire ai demoni tutto il peso della sua forza schierandosi dalla parte di Pluto contro il ribelle Barbariccia. Nelle grandiose scene dell’Inferno, anche nei suoi aspetti grotteschi, c’è tutta la forza evocativa d’una visione dantesca. La preghiera di un bimbo richiama Maciste alla vita e l’originale avventura, che è un misto di grottesco e di umano, di grandioso e di leggiadro, si conclude con il trionfo del bene sul male.

Il personaggio di Maciste non appartiene alla mitologia classica ma alla fantasia di Gabriele D’Annunzio; fa infatti la sua prima comparsa nel kolossal di Giovanni Pastrone sceneggiato dal Vate, Cabiria (1914). Bartolomeo Pagano, fisico erculeo, aria mite, sorriso cordiale, recitazione spontanea ma non pedestre, con il personaggio di Maciste diventa una star del cinema italiano dando vita ad una lunga serie di pellicole.

Maciste all’inferno, infine, guadagna una nuova gloria nella storia del cinema italiano quando Fellini lo fa diventare, in interviste e memorie varie, protagonista di una «scena primaria» del suo inconscio cinematografico.

«Qual è stato il primo tra i miei film? Sono sicuro di ricordare con esattezza perché quell’immagine mi è rimasta così profondamente impressa che ho tentato di rifarla in tutti i miei film. Il film si chiamava Maciste all’inferno. L’ho visto in braccio a mio padre, in piedi, tra una gran calca di gente con il cappotto inzuppato d’acqua perché fuori pioveva. Ricordo un donnone con la pancia nuda, l’ombelico, gli occhiacci bistrati lampeggianti. Con un gesto imperioso del braccio faceva nascere attorno a Maciste anche lui seminudo e con tortore in braccio un cerchio di lingue di fuoco».

Maciste all’inferno (Italia, 1926, b/n) regia di Guido Brignone; soggetto e sceneggiatura di Riccardo Artuffo; fotografia di Ubaldo Arata e Massimo Terzano; scenografia di Giulio Lombardozzi; effetti speciali Segundo de Chomón. Con Bartolomeo Pagano, Elena Sangro, Umberto Guarracino, Franz Sala, Felice Minotti, Pauline Polaire. Produzione Fert-Pittaluga. Durata: 95 min. (nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna).

Musiche originali composte da Teho Teardo in collaborazione con Zerorchestra.

Zerorchestra: Francesco Bearzatti (sax tenore), Mirko Cisilino (tromba, corno, trombone), Luca Colussi (batteria), Luca Grizzo (percussioni), Didier Ortolan (clarinetto, clarinetto basso), Gaspare Pasini (sax alto, sax soprano), Romano Todesco (contrabbasso).

Orchestra Naonis: Andreà D’Incà (trombone tenore), Andrea Piergentili (trombone basso), Lorenzo Tommasini (trombone tenore).

Riccardo Pes (violoncello).

Anteprima: Sacile, Teatro Zancanaro, 1° ottobre 2021 ore 20.45, evento di preapertura della 40ª edizione delle Giornate del Cinema Muto.

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